ARCHEOSOFIA: COSA SIGNIFICA? – di Alessandro Mazzucchelli

Spesso mi domandano “che cos’è l’Archeosofia?” – “cosa significa Archeosofia?”. Il modo più immediato e semplice di dare una prima risposta è riferirsi alle parole di Tommaso Palamidessi, fondatore dell’Archeosofia stessa:
“L’Archeosofia è la conoscenza integrale, è la saggezza arcaica o, in altri termini, la “Scienza dei princìpi”; essa deriva dalle voci greche ἀρχὴ, archè = principio, e σοφία, sofia = sapienza” (1). sapienza divina
L’etimologia è chiara ma ecco che si aprono nuovi interrogativi: perché l’autore ha scelto queste parole? Da dove vengono?


È sempre Tommaso Palamidessi a indicarci una delle vie di ricerca: “San Paolo di essa tramanda una raffinata definizione nella prima lettera ai Corinzi, 2:6-16, ed ai Colossesi, 1:26. Ecco quanto dice: “Tra i perfetti noi parliamo di sapienza, ma non di sapienza di questo mondo, né dei potenti di questo mondo che vengono distrutti, bensì parliamo di una sapienza di Dio (=Archeosofia) avvolta nel mistero che è stata nascosta, e che Dio predestinò prima dei secoli per la nostra gloria” (2). sapienza divina 4

L’analisi del testo originale in greco della Prima lettera ai Corinzi pone altre questioni e non è priva di sorprese. Ci renderemo conto che la traduzione corrente che troviamo nelle edizioni italiane delle Sacre Scritture, per quanto formalmente corretta, non riesce a rendere tutta la profondità del pensiero di San Paolo. Riportiamo intanto il testo e la sua traslitterazione:

6 Σοφίαν δὲ λαλοῦμεν ἐν τοῖς τελείοις, σοφίαν δὲ οὐ τοῦ αἰῶνος τούτου οὐδὲ τῶν ἀρχόντων τοῦ αἰῶνος τούτου τῶν καταργουμένων· 7 ἀλλὰ λαλοῦμεν θεοῦ σοφίαν ἐν μυστηρίῳ, τὴν ἀποκεκρυμμένην, ἣν προώρισεν θεὸς πρὸ τῶν αἰώνων εἰς δόξαν ἡμῶν·

6 Sofίan de laloῦmen en toῖs teleίois, sofίan de oὐ toῦ aἰonos toύtou oὐde ton archόnton toῦ aἰonos toύtou ton katargouménon. 7 alla laloῦmen Theoῦ sofίan en mysterίo, ten apokekrymmenen, en proorisen ὁ Theὸs prὸ ton aἰonon eἰs dόxan emon.

Uno studio approfondito richiede uno spazio maggiore di questo, per cui mi limito a notare alcuni punti essenziali. CodexBoernerianus

Nel testo paolino non compare la parola ἀρχὴ, archè, principio; quando l’apostolo scrive della sapienza usa l’espressione θεοῦ σοφίαν, Theoῦ sofίan, sapienza di Dio. Perché allora Tommaso Palamidessi scrive che proprio in questo passo troviamo “una raffinata definizione” dell’Archeosofia e anzi addirittura traduce come Archeosofia θεοῦ σοφίαν, Theoῦ sofίan, sapienza di Dio? La risposta dobbiamo cercarla in uno dei passi più importanti del Nuovo Testamento, il Prologo del Vangelo di Giovanni:

  • Testo greco: 1 Ἐν ἀρχῇ ἦν ὁ λόγος, καὶ ὁ λόγος ἦν πρὸς τὸν θεόν, καὶ θεὸς ἦν ὁ λόγος. 2 οὗτος ἦν ἐν ἀρχῇ πρὸς τὸν θεόν.
  • Traslitterazione: 1 Ἐn arché en ὁ lόgos, kaὶ ὁ lόgos en prὸs tὸn Theόn, kaὶ Theὸs en ὁ lόgos. 2 oὗtos en en arché prὸs tὸn Theόn.
  • Traduzione: 1 In principio era il Logos, e il Logos era presso Dio, e il Logos era Dio. 2 Questi era in principio presso Dio.

La chiave di interpretazione sta nell’identità tra ἀρχὴ, archè, principio e θεὸς, Theὸs, Dio, Principio dei Principi.  sapienza divina 2

Il Prologo del Vangelo di Giovanni esprime la “identità perfetta fra l’Archè, ἀρχὴ, Dio Padre e Cristo. Nelle controversie teologiche la parola Archè, ἀρχὴ, venne difesa dagli Gnostici in Apocryphon Johannis, che indica “L’Archè come l’essere supremo, vero Dio, Padre del Tutto, Spirito Santo e invisibile”. Lo definisce “una monarchia, dato che rappresenta l’unico e primo principio di ogni cosa”. E ancora: “… è una signoria (ἀρχὴ, archè) su cui nulla domina. Nulla infatti gli è preesistente né è indigente di cosa alcuna. Egli non ha bisogno di vita: è eterno”. L’Evangelista poi precisa che il Verbo si fece carne ed abitò con noi; il Verbo è Gesù Cristo, l’Unigenito Figlio che è nel seno del Padre. Gesù non è “soltanto un simbolo da meditare e interiorizzare nella coscienza come l’archetipo trasmutatore, ma lo stesso “Grande Architetto dell’Universo”, visibilmente e storicamente vissuto sulla terra.” Come scrive Clemente Alessandrino: “Salvatore è il Figlio di Dio che salva: questi è dunque il principio (ἀρχὴ, archè)” (3).

“Con Archè si definisce l’Assoluto e contemporaneamente il Principio e Dio, e nel Prologo di Giovanni Evangelista è ben messo in evidenza che si tratta di tre aspetti diversi della medesima Essenza” (4). Gesù in trono

Si potrebbero aggiungere altre considerazioni ma già queste sono più che sufficienti per iniziare a comprendere il senso della scelta della Lettera ai Corinzi come luogo che contiene una definizione del termine Archeosofia. Essa, rimanendo aderenti al pensiero di San Giovanni Evangelista, di San Paolo e dei primi Padri della Chiesa, è la Sapienza divina.

Questa Sapienza divina, nel passo che stiamo commentando della prima Lettera ai Corinzi, ha alcune caratteristiche fondamentali.
La prima, negativa, è definita da cosa non è:

σοφίαν δὲ οὐ τοῦ αἰῶνος τούτου οὐδὲ τῶν ἀρχόντων τοῦ αἰῶνος τούτου τῶν καταργουμένων·

Traslitterazione: sofίan de oὐ toῦ aἰonos toύtou oὐde ton archόnton toῦ aἰonos toύtou ton katargouménon.

Traduzione corrente: ma non di sapienza di questo mondo, né dei potenti di questo mondo che vengono distrutti.

Ma a cosa si riferisce San Paolo quando scrive “la sapienza di questo mondo”? Inoltre, seconda questione, che cosa significa la parola greca αἰών, aiòn, tradotta mondo? San Paolo
I versetti immediatamente precedenti della prima Lettera ai Corinzi ci danno una prima risposta: 4La mia parola e la mia predicazione non si basarono su discorsi persuasivi di sapienza, ma sulla manifestazione dello Spirito e della sua potenza, 5perché la vostra fede non fosse fondata sulla sapienza umana, ma sulla potenza di Dio”.
Quindi “la sapienza di questo mondo” è “la sapienza umana” razionale e discorsiva che si serve di πειθοῖ, peithoi, discorsi persuasivi, seppure questa parola greca può contenere in sé, oltre al significato di convincere ed esortare, anche il senso di abbindolare, ingannare, sedurre.
Ancora prima nel capitolo precedente della stessa Lettera (1Corinzi 1:19) San Paolo si lancia in un famoso elogio della “stoltezza” che culmina con la citazione del profeta Isaia 29,14:
“Sta scritto infatti:
Distruggerò la sapienza dei sapienti
e annullerò l’intelligenza degli intelligenti.”
D’altra parte non bisogna dimenticare che San Paolo si rivolgeva ai giudei ellenizzati e ai greci che avevano fondato la loro filosofia e la loro civiltà sulla sapienza e la conoscenza fisica e metafisica. Questa speculazione, all’epoca di cui stiamo parlando, si era unita alle antiche religioni misteriche e stava portando alla formazione di diversi movimenti e culti gnostici, ricchi di contenuti esoterici, ma non privi di deviazioni dalla Tradizione Arcaica.

E questo ci porta alla seconda domanda che ci siamo posti poco fa: qual è il significato della parola greca αἰών, eone, tradotta mondo?  Eone 1 Presso gli antichi Greci, Eone indicava il tempo in senso assoluto, in contrapposizione a Chrònos, ossia al tempo come misura. Nelle grandi religioni misteriche dell’età ellenistico-romana (mitraismo, orfismo, ecc.) l’Eone divenne una divinità a sé stante e fu rappresentato come una figura umana con testa leonina, avvolta da un serpente e con attributi di chiaro significato: fulmine, chiavi, scettro (ma ne esiste anche una raffigurazione antropomorfica: un vecchio con la barba e con la ruota zodiacale nella mano destra).
Eone 2
Il termine Eone ha avuto largo e vario impiego nella dottrina gnostica, della quale esprime uno dei concetti fondamentali. L’origine del significato propriamente gnostico è forse da ricercare nella diffusione delle dottrine astrologiche dei Caldei, che immaginavano dei mondi cronologicamente e spazialmente successivi in cui l’anima avrebbe migrato prima del riposo finale. La gnosi giudaica riprese il termine e il concetto per rappresentare il contrasto tra il Bene e il Male, ipostatizzandolo in due Eoni rispettivamente della Luce e delle Tenebre. Questo rimase il significato dominante, che dall’apocalittica giudaica passò poi anche nell’escatologia neotestamentaria, dove il «secolo (eone) presente» (ὁ αἰὼν οὗτος, o aion outos) è appunto temporaneo e verrà travolto dal «secolo (eone) futuro» (ὁ αἰὼν μέλλων, o aiòn mellon). leontocefalo

vita eternaAnche la “vita eterna”, espressione che ricorre tante volte nel Nuovo Testamento, è non a caso la traduzione di ζωὴν αἰώνιον, zoen aionon. Ma, come scrive Tommaso Palamidessi, “la gnosi prese consistenza, talora drammatica, al tempo di Gesù e immediatamente dopo. [Per i seguaci del Cristo] contava la fede e la carità, per gli gnostici aveva il primato la conoscenza razionale che nel tempo, con il decadere del primo fervore, divenne razionalismo religioso prima e razionalismo materialistico dopo, eccetto alcune correnti dove la pistis (la fede), l’agapè (l’amore) e la gnosis (la conoscenza) vennero vissute sincretisticamente (5).

San Paolo quindi afferma con forza che “la sapienza di questo Eone (mondo)”, sapienza apparente, non è la sapienza di cui, come vedremo, parlano “i perfetti”. Per chiarire ancora meglio il suo concetto l’Apostolo specifica:
ma non di sapienza di questo mondo, né dei potenti di questo mondo che vengono distrutti”
Testo greco: οὐδὲ τῶν ἀρχόντων τοῦ αἰῶνος τούτου τῶν καταργουμένων
Traslitterazione: oὐde ton archόnton toῦ aἰonos toύtou ton katargouménon
Dunque la sapienza di cui si parla tra i “perfetti” non è la sapienza de “gli Arconti dell’Eone” tradotti comunemente come “i potenti o i dominatori di questo mondo”; si tratta in realtà di un termine preciso della gnosi greca e giudaica che descrive le potenze responsabili della creazione dell’uomo e del mondo materiale, ma anche le potenze che, grazie al loro ricordo dell’armonia e dell’ordine del Pleroma, danno le regole del Cosmo e del Tempo. Ma la loro funzione non si limita a questo. Essi sono anche il maggiore ostacolo al ritorno dell’uomo verso Dio. La loro opera si esplicita proprio nel soggiogare l’uomo con le loro regole, la loro falsa “sapienza”. sangiovanni

Il loro capo, ὁ ἄρχων τοῦ κόσμου τούτου, ὁ ἄrchon toῦ kόsmoy toύtoy, il principe (l’arconte) di questo mondo, è descritto nel Vangelo di Giovanni:
12:31 “Ora avviene il giudizio di questo mondo; ora sarà cacciato fuori il principe di questo mondo”.
14:30 “Io non parlerò più con voi per molto, perché viene il principe di questo mondo. Egli
non può nulla contro di me”.
16:11 “Quanto al giudizio, perché il principe di questo mondo è stato giudicato”.

E da San Paolo stesso nella Lettera agli Efesini 2:
“[Gli errori] nei quali un tempo avete vissuto, seguendo l’eone di questo mondo, secondo il principe della potenza dell’aria, dello spirito che opera al presente nei figli della ribellione”.

Testo greco: Καὶ ὑμᾶς ὄντας νεκροὺς τοῖς παραπτώμασιν καὶ ταῖς ἁμαρτίαις ὑμῶν, ἐν αἷς ποτε περιεπατήσατε κατὰ τὸν αἰῶνα τοῦ κόσμου τούτου, κατὰ τὸν ἄρχοντα τῆς ἐξουσίας τοῦ ἀέρος, τοῦ πνεύματος τοῦ νῦν ἐνεργοῦντος ἐν τοῖς υἱοῖς τῆς ἀπειθείας·

Traslitterazione: Kaὶ ὑmᾶs ὄntas nekroὺs toῖs paraptòmasin kaὶ taῖs amartίais ὑmòn, én aἷs pote periepatήsate katὰ tὸn aἰòna toῦ kόsmoy toύtoy, katà tὸn ἄrchonta tès ἐxoysίas toῦ ἀèros, toῦ pneύmatos toῦ nῦn energoῦntos en toῖs yἱoῖs tés apeitheίas· bene e male

Questo «principe» noi sappiamo chi è: l’evangelista Giovanni lo chiama Satana. Questo «principe» è principe «di un potere “che è nell’aria”». Che mai vuol dire questo «che è nell’aria?». Ecumenio, scrittore bizantino del IX secolo, dice che siccome il principato di Satana non è sopra ma sotto il cielo, così bisogna che egli sia o sulla terra, o nell’aria; ma poiché si tratta di uno spirito, deve avere il suo principato nell’aria. Del resto, la nozione che l’aria sia la dimora degli spiriti e specialmente degli spiriti maligni, fu nozione pitagorica, di Filone d’Alessandria e di tanti altri; ed ai tempi di San Paolo era un concetto familiare alla teologia giudaica. La vita dell’uomo senza Dio è considerata qui come dominata da un potere pernicioso ed opposto a Dio. Questo potere, dal punto di vista astratto, è il mondo, lo spirito del mondo o del secolo; dal punto di vista concreto, si tratta del diavolo, del male personificato, posto a capo d’un impero, che sta in guerra permanente con l’impero di Dio. Ogni impero è cosa locale, quindi anche l’impero del diavolo è rappresentato come localizzato. Il Regno di Dio è nel cielo (Il mio regno non è di questo mondo; Ἡ βασιλεία ἡ ἐμὴ οὐκ ἔστιν ἐκ τοῦ κόσμου τούτου; E basileίa e ἐmì oὐk estin ek toῦ kόsmoy toύtoy· Gv.18:36), quello del diavolo è simbolicamente nelle regioni aeree (come pensava anche la teologia giudaica), ossia nella mente e nei pensieri degli uomini. Ambedue gli imperi si contendono la terra sulla quale si incrociano le loro influenze. E ambedue i punti di vista, astratto e concreto, sono espressi nel testo. universo

Ma “il principe di questo mondo” e gli “arconti dell’eone” vengono distrutti. Da cosa? Dallo Spirito e dalla Potenza di Cristo. San Paolo l’ha spiegato nei passi precedenti della Lettera ai Corinzi: 4La mia parola e la mia predicazione non si basarono su discorsi persuasivi di sapienza, ma sulla manifestazione dello Spirito e della sua potenza, 5perché la vostra fede non fosse fondata sulla sapienza umana, ma sulla potenza di Dio.”
Infatti, come scrive Alessandro Benassai nella sua opera “Archeosofia, la Sapienza divina”, “essenzialmente l’Archeosofia è Spirito. Essa viene comunicata attraverso la Parola, attraverso l’Iniziazione. È una comunicazione da spirito a spirito, da mente a mente, da cuore a cuore, una propagazione della Luce di quel Sole occulto, nascosto, di cui il Sole visibile ne è il simbolo vivente, è la Luce dell’Archè che illumina tramite la sua Sapienza” (6). sapienza divina 6

Vediamo adesso, dopo aver visto che cosa non è, quali sono, secondo San Paolo, le caratteristiche positive della Sapienza di Dio (Archeosofia), cioè che cosa essa è.
Riprendiamo in mano il testo della prima Lettera ai Corinzi:

Testo greco: Σοφίαν δὲ λαλοῦμεν ἐν τοῖς τελείοις, … ἀλλὰ λαλοῦμεν θεοῦ σοφίαν ἐν μυστηρίῳ, τὴν ἀποκεκρυμμένην, ἣν προώρισεν ὁ θεὸς πρὸ τῶν αἰώνων εἰς δόξαν ἡμῶν·

Traslitterazione: Sofίan de laloῦmen en toῖs teleίois, … alla laloῦmen Theoῦ sofίan en mysterίo, ten apokekrymmenen, en proorisen ὁ Theὸs prὸ ton aἰonon eἰs dόxan emon.

“Tra i perfetti noi parliamo di sapienza, … bensì parliamo di una sapienza di Dio (=Archeosofia) avvolta nel mistero che è stata nascosta, e che Dio predestinò prima dei secoli per la nostra gloria”. sapienza divina 10

In primo luogo San Paolo scrive che della Sapienza di Dio, dell’Archeosofia se ne parla tra i perfetti. Non insisto troppo su questo argomento già trattato da Ettore Vellutini nel suo bell’articolo “Una Sapienza per i perfetti” https://lezionidiarcheosofia.wordpress.com/2016/07/15/una-sapienza-per-i-perfetti-di-ettore-vellutini/

TrismegistoAlle sue considerazioni aggiungo soltanto che in alcuni passi Tommaso Palamidessi traduce τοῖς τελείοις, toῖs teleίois, perfetti, come “Iniziati”. In effetti il tempio principale di Eleusi, quello dedicato alla svolgimento dei riti di iniziazione, si chiamava Telesterion, τεληστήριον.
La parola Telos, τέλος è nota come termine tecnico nella filosofia greca. A partire da Socrate (469-399 a.C.), passando per Platone (429-347 a.C.) e per Aristotele (384-322 a.C.), i filosofi si ponevano delle domande su quale fosse lo scopo ultimo dell’universo e di tutto ciò che contiene, particolarmente su quale fosse il fine della vita umana. Essi usavano la parola telos, τέλος per indicare lo scopo ultimo di una cosa o la ragione della sua esistenza e la loro indagine su questi argomenti costituì la base per una branca della filosofia chiamata teleologia. Chiaramente questo uso filosofico del termine telos, τέλος non implicava in alcun modo il concetto di fine come cessazione. Infatti, Aristotele scrive che “telos non indica alcun tipo di cessazione, ma solamente il meglio.

Filone-di-AlessandriaNei secoli successivi a Platone e Aristotele, le questioni teleologiche continuarono ad essere oggetto di discussione e di dibattito tra i filosofi. Riveste particolare interesse un’opera del filosofo giudeo Filone alessandrino (30 a.C.-45 d.C.) che visse nello stesso periodo dell’apostolo Paolo. La parola telos τέλος appare nei suoi scritti oltre 200 volte, il che riflette il suo interesse per la teleologia. Filone usò spesso il termine, discutendo dello scopo, dell’obiettivo, del fine, del culmine di qualcosa, specialmente dello scopo della vita. Egli descrisse il più alto proposito o telos, τέλος, della vita in diversi modi, tra i quali “essere pienamente resi conformi a Dio”, “seguire Dio”, cercare “la sapienza di Dio”, “avere come scopo la gloria di Dio”.

Dunque la parola greca “teleiosτέλειος, tradotta generalmente con “perfetto”, la troviamo spesso nei Vangeli: “Siate dunque perfetti come perfetto è il Padre vostro che è nei cieli” (Mt. 5, 48). Mi pare importante sottolineare che il versetto riecheggia quello del Levitico 19,18 “Siate santi perché io sono santo” e di Dt. 18,13 “Tu sarai irreprensibile (tamin in ebraico) verso il Signore tuo Dio”sapienza divina 5

Tornando ora alla versione di Matteo e poi di Paolo, “teleios” τέλειος non sta ad indicare una personalità autosufficiente arrivata al culmine delle virtù né una conformità completa con l’ideale del bello e buono, bensì colui o colei che ha raggiunto il vero fine della vita cioè la fine della via della falsa sapienza, che conduce alla morte, e ha iniziato a percorrere, grazie all’azione divino-umana del Messia, la via vera, che porta alla vita eterna.
Origene in proposito è chiaro: “Quando poi in mezzo a quelli che abbiamo chiamato ed esortato alcuni hanno fatto progressi e si mostrano purificati in grazia del Verbo, vivendo per quanto possibile una vita migliore, solo allora noi li chiamiamo ai nostri segreti, <perché noi parliamo la saggezza fra uomini perfetti>”. (7)
Il significato dell’aggettivo “teleios“, τέλειος, corrisponde a quello ebraico di “tamin“, cioè “intero”, “indiviso”, “completo”, “intatto”. “Teleios” pertanto è colui che si dedica a Dio perché ha raggiunto la completezza o maturità senza per questo essere senza difetti. Non a caso l’espressione “Siate dunque perfetti come perfetto è il Padre vostro che è nei cieli” (Mt. 5, 48) è collocata alla fine delle sei antitesi del Discorso della Montagna ed in particolare segue l’ultima che è il centro ed il culmine di tutte le altre: la richiesta di amare i nemici. sapienza divina 7

Interessante notare come nel Vangelo di Matteo l’aggettivo “teleios” sia impiegato in un altro passo e solo in quello. Rispondendo al giovane ricco Gesù dice: “Se vuoi essere perfetto (teleios), va’, vendi quello che possiedi, dallo ai poveri, poi vieni e seguimi” (Mt 19, 21). Al giovane ricco viene chiesto di seguire Gesù con cuore indiviso amandolo con tutte le forze, mettendo in gioco anche il suo patrimonio nella condivisione totale con i poveri del popolo di Dio. Non ci possiamo illudere dell’apparente concessione “Se vuoi essere perfetto” perché la perfezione non è un consiglio dato ad alcuni, ma una necessità per tutti coloro che vogliono raggiungere lo scopo della vita umana, seguendo la Sapienza dell’Archè.
Spesso però la parola “perfetto”, così tanto usata in discussioni teologiche e bibliche, viene equivocata. Solitamente si tende ad usarla in un assoluto senso filosofico, dandole il significato di “senza difetto” o “senza errori” e simili. Partendo da questa premessa, è facile affermare che il comando di Gesù contenuto nel Discorso della Montagna, “siate dunque perfetti come il Padre vostro che è nei cieli” (Matteo 5:48), pur essendo un obiettivo lodevole, per gli esseri umani è impossibile da raggiungere. Ma una persona può essere completa, intera o matura, pur non essendo “senza difetti”. Un bimbo di sei anni può essere maturo, anche se deve crescere ancora tanto, così come una persona può essere “santa” e avere ancora molto da imparare. luce e tenebra
Se leggiamo questi passi con cuore trasparente, ci accorgiamo che non è possibile ritenere che la perfezione sia riservata ai soli monaci e religiosi. Nel popolo di Dio non ci sono due classi, due stati, quello di perfezione e quello imperfetto peculiare al comune cristiano. In realtà il Cristo ha dato un messaggio radicale, paradossale, assoluto, scandaloso per la mentalità comune. Infatti non è lecita, anzi è stata ed è dannosa, un’operazione di annacquamento, mitigazione, riduzionismo.

Tornando al testo paolino che stiamo commentando, a questo punto è comprensibile perché della sapienza di Dio, θεοῦ σοφίαν, se ne parli fra “i perfetti” e quale sia il senso profondo di questa espressione. sapienza divina 9
Non entrerò adesso nello studio di cosa sia questa Sapienza di Dio o Sapienza dell’Archè, centrale nella dottrina archeosofica. Ad essa l’autore Tommaso Palamidessi ha dedicato molti passi dei suoi scritti ed un’opera intera “Le basi della Teologia Sofianica” a cui rimando.
Mi limiterò soltanto ad alcune note sulle caratteristiche di questa sapienza, così come le descrive San Paolo nel testo che stiamo esaminando:
“una sapienza di Dio (=Archeosofia) avvolta nel mistero che è stata nascosta, e che Dio predestinò prima dei secoli per la nostra gloria”.

Testo greco: θεοῦ σοφίαν ἐν μυστηρίῳ, τὴν ἀποκεκρυμμένην, ἣν προώρισεν ὁ θεὸς πρὸ τῶν αἰώνων εἰς δόξαν ἡμῶν·

Traslitterazione: Theoῦ sofίan en mysterίo, ten apokekrymmenen, en proorisen ὁ Theὸs prὸ ton aἰonon eἰs dόxan emon.

Universo2Una sapienza preordinata, dunque, che è antecedente ed al di fuori degli Eoni (prὸ ton aἰonon, πρὸ τῶν αἰώνων), quindi al di là del tempo e dello spazio della creazione, essa anzi è θεοῦ σοφίαν, Theoῦ sofίan, la conoscenza diretta e reale di Dio, dell’Archè, non mediata dal pensiero umano; una sapienza muta per coloro il cui spirito è addormentato (μυστηρίῳ, mysterio dal verbo μύω, myo = chiudersi degli occhi e delle labbra), ma riservata da Dio agli iniziati di Cristo.
Questa sapienza è misteriosa e nascosta ma non per tutti, come prosegue la Lettera di Paolo:
“Nessuno dei dominatori di questo mondo l’ha conosciuta; se l’avessero conosciuta, non avrebbero crocifisso il Signore della gloria. Ma, come sta scritto: battesimo
Quelle cose che occhio non vide, né orecchio udì,
né mai entrarono in cuore di uomo,
Dio le ha preparate per coloro che lo amano.
Ma a noi Dio le ha rivelate per mezzo dello Spirito; lo Spirito infatti scruta ogni cosa, anche le profondità di Dio.
Chi conosce i segreti dell’uomo se non lo spirito dell’uomo che è in lui? Così anche i segreti di Dio nessuno li ha mai potuti conoscere se non lo Spirito di Dio. Ora, noi noi abbiamo ricevuto lo spirito del mondo, ma lo Spirito di Dio per conoscere tutto ciò che Dio ci ha donato. Di queste cose noi parliamo, non con un linguaggio suggerito dalla sapienza umana, ma insegnato dallo Spirito, esprimendo cose spirituali in termini spirituali. L’uomo naturale [il profano] però non comprende le cose dello Spirito di Dio; esse sono follia per lui, e non è capace di intenderle, perché se ne può giudicare solo per mezzo dello Spirito. L’uomo spirituale [l’Iniziato] invece giudica ogni cosa, senza poter essere giudicato da nessuno.”
Questo capitolo della prima Lettera ai Corinzi ritorna più volte sullo stesso concetto: la netta distinzione fra la falsa conoscenza, la falsa gnosi, frutto del pensiero distorto dell’uomo, apparentemente libero ma in realtà soggiogato e condizionato, dalla nascita alla morte, dalle potenze del cosmo, e la vera Sapienza, l’Archeosofia, dono gratuito e rivelazione diretta dello Spirito e della Potenza di Dio a colui che lo ama. sapienza divina 15

Brevi, incomplete e parzialissime considerazioni le mie che vorrebbero aiutarmi ed aiutare a comprendere il senso, il motivo per il quale Tommaso Palamidessi ha voluto chiamare la sua dottrina Archeosofia e la sua scuola Archeosofica, e anche quali straordinarie possibilità si aprono, grazie a questa dottrina e a questa scuola, agli uomini e alle donne che sinceramente cercano la verità e lo scopo della propria esistenza.

Note

  • Tommaso Palamidessi – Tradizione arcaica e fondamenti dell’Iniziazione archeosofica – Primo Quaderno, pag. 1
  • Tommaso Palamidessi – Tradizione arcaica e fondamenti dell’Iniziazione archeosofica – Primo Quaderno, pag. B
  • Tommaso Palamidessi – Celebrazione del Solstizio d’Estate o di San Giovanni Battista
  • Alessandro Benassai – Archeosofia, la Sapienza divina – pag. 2
  • Tommaso Palamidessi – Il sentiero della Gnosi
  • Alessandro Benassai – Archeosofia, la Sapienza divina – pag. 5
  • Origene – Commento al Vangelo di Giovanni

 

4 pensieri su “ARCHEOSOFIA: COSA SIGNIFICA? – di Alessandro Mazzucchelli

  1. Xri ha detto:

    One humble opinion: It is really simple I think. God revealed its true nature to the small material human of this surpassed world by a pure simple energy-act: love (not the ruling kind, the love ready to sacrifice itself). By being, not feel or do, by becoming a living existence of love we can participate to the wonder of God. And even though humans are so imperfect He gave us the ability to become one (God) by understanding this loving relation (in Greek it is Θείος Έρωτας a relation with passion not agape) of all things ever existed and are going to exist, this movement towards a unity of all by doing one thing, let go to Archeosophy. Open your eyes to the divine wonders that are existing among us, there are revealing themselves but unfortunately sometimes we are blind. So we must try this, having the eyes of our heart wide open.

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  2. Dear Xri, I agree with what you write, You speak about Theosis and of the mystery of unity! And of “the eye of the heart doctrine”, which is an oriental doctrine, but also our own, Christian, just think to Esichia . In fact for the Archeosophical school,Tommaso Palamidessi, on the basis of these past experiences, adopted a method of prayer and meditation that we put into practice, individually and together, to open our heart eyes to the wonders of which you speak. He wrote a text on the subject: “The mystic asceticism and meditation on the heart” that contains both the doctrine and practice. I think there is also in English, if it pleases you to read it. In addition there are two beautiful texts of Russian authors who perhaps already know: “Lectures on the divine humanity” of Soloviev and “The pillar and foundation of truth” Pavel Florenskji.

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