Nel 2007, quando ebbi l’occasione, e la fortuna, di conoscere Archeosofica fui colpito immediatamente da un particolare dettaglio: la centralità della figura di Cristo nell’esposizione della sua dottrina.
Va premesso che prima di quel particolare 19 luglio, mi ero già mosso su più fronti alla ricerca di qualcosa che desse un senso a quelle importanti domande esistenziali che assillano le coscienze di molti individui. Ne venivo da diversi anni di arti marziali con annessi studi di filosofie orientali, buddhiste e taoiste; avevo una grande passione per la filosofia classica che rimaneva il “pallino” delle mie letture personali e l’interesse per la comunicazione pubblicitaria e giornalistica del mio corso di studi universitario mi rendevano allo stesso tempo idealista e pragmatico, sognatore e materialista, insomma un amalgama confuso di pensieri che si rifacevano a tradizioni antiche e moderne senza un preciso ordine e una organizzazione.
Fu però durante questo periodo “confuso” che mi avvicinai più assiduamente allo studio di tutti quei testi considerati “proibiti”, ovvero che facevano parte delle dottrine chiamate “occulte” o “esoteriche”.
Se ripenso oggi alla strana sensazione che provavo nello studiare di nascosto quei libri, ricordo che era, per me, come trasgredire le regole convenzionali. Nessuno dei miei conoscenti immaginava che leggessi di magia, alchimia, kabbalà, spiritismo, tutti argomenti tabù in una società che aspetta i miracoli senza la fatica di farli accadere e allo stesso tempo è pronta a puntare il dito contro ogni cosa che non comprende etichettandola come sciocca superstizione.
Era davvero strano per me, a causa della mia mentalità orientaleggiante colorata da qualche sfumatura di materialismo, che la figura del Cristo si potesse trovare, pregare e lodare al di fuori del contesto in cui ero cresciuto.
Il Cristianesimo fino ad allora non poteva essere compreso nel suo valore profondo, ma era visto solamente come una serie di privazioni e mortificazioni verso piaceri del tutto naturali nella vita degli uomini; per non parlare poi della considerazione che avevo per alcuni “apostoli” moderni di questo insegnamento: uomini spesso buonisti piuttosto che realmente buoni, uomini che mostravano un sorriso tirato e finto quando avrebbero potuto far emergere le proprie passioni e troppo spesso con il capo chino e remissivo simile a quello dei dipinti dei Santini. Non tutti erano così! Certamente! Una gran parte, quelli “diversi”, tentavano in tutti i modi di avvicinare la comunità giovanile alla Chiesa con partite di calcio, attività ludiche, divertimenti di diversa natura svolti nelle vicinanze della chiesa e dei parrocchiani.
Ma, purtroppo, la natura umana aveva agli occhi del ribelle adolescente sempre la stessa faccia. Anche se si era più vicini alla Chiesa e alle cerimonie Sacre, la gente non si faceva “migliore” anzi, alle volte ostentava un atteggiamento di superiorità, mascherato da pietà, verso i meno fortunati che non poteva affascinare un ragazzo nel pieno della vita, con la mente infarcita di utopistici ideali; e poi… dove erano le famose risposte alle domande esistenziali che a 15 anni scaturivano nel profondo della coscienza?
Perché si professa un’unica Fede ma ognuno pretende il proprio Dio migliore? Perché chiedere privazioni che sembrano andare contro una logica ordinaria? Perché essere devoti all’Invisibile, se dell’invisibile non se ne può avere una reale conoscenza?
Tante e tante domande assillano la mente dei ragazzi di quell’età, che vivono il momento più delicato della loro vita alla ricerca degli ideali.
Così, nel cercare di distaccarsi dal retaggio Cristiano, che spaventava in quanto a apparente ottusità, passando per i libri etichettati come “sconvenienti” dai Dottori della Chiesa, la figura di Cristo tornò a farsi sentire a gran voce.
Negli scritti di questi personaggi, talvolta messi all’indice, trovai, già nelle prime pagine, una prefazione del tutto inaspettata: vi era un’invocazione ed una richiesta profonda affinché Iddio e il Suo Cristo Redentore concedessero, a quelle parole scritte, di perdurare nel tempo, quasi come a chiedere il permesso di poterle trasmettere.
La cosa che più mi colpiva è che questi testi erano scritti nella stessa misura da studiosi, scienziati o monaci ma tutti, senza eccezione, riempivano della stessa Fede e fervore la loro richiesta.
Quella che durante la lettura risuonava nella mia interiorità, era un’invocazione vera, erano parole vive che scaturivano dalle righe delle loro prefazioni con una reverenza mistica che avvolgeva il senso della loro preghiera, alla maniera di qualcuno timoroso di dir troppo riguardo un segreto che non è suo.
Gli autori di questo esoterismo più spinto erano ferventi Cristiani, anzi, erano proprio quella forma di Cristiani che cominciava a darmi risposte concrete alle tanto incessanti domande della mia coscienza, mostrando allo stesso tempo il rispetto e il timore che si deve per le cose sante e ugualmente la tenacia e la vivacità d’amore necessari per avvicinarsene.
Così per una serie di eventi bizzarra, anzi sarebbe da dire, troppo bizzarra per essere considerata casuale, ebbi la possibilità di confrontarmi con i testi di Tommaso Palamidessi e inaspettatamente, ecco: il Cristo tornava a farmi visita.
La Scienza dell’Arké o Archeosofia, la Sapienza Tradizionale che si perde nella notte dei tempi fino all’origine del Cosmo stesso, era la sintesi che tanto andavo cercando e non era in contraddizione con tutto quello che avevo imparato in precedenza. Suonava invece una squisita armonia sulle corde del mio cuore.
C’è la dottrina metafisica degli antichi filosofi, c’è la pratica e l’esercizio dei monaci orientali, ci sono tutte le discipline esoteriche trattate in maniera chiara e logica, c’è l’umiltà di un Uomo che scrive per gli altri e non per se stesso o per i propri interessi, ci sono le difficoltà e gli ostacoli come in tutte le cose che si devono conquistare con le proprie forze, ci sono gli amici in cammino e, soprattutto… c’è il Cristo.
E non può di sicuro mancare, infatti scrive Tommaso Palamidessi: “Tradizione Archeosofca e unita delle religioni vanno pienamente d’accordo, perche l’idea fondamentale sulla quale poggia la nostra scienza sperimentale dello spirito, e quella di una Tradizione universale e primordiale dalla quale sono sgorgate tutte le religioni, e di cui le filosofie sono un’espressione minorata e parziale, che rappresenta tutto il travaglio dell’umanità per avvicinarsi all’unita religiosa nel corso di migliaia di anni ad oggi. Questa Tradizione e costituita da un insieme di principi permanenti e trascendenti, la cui origine e solo in parte umana, e non sono suscettibili di evoluzione, appunto perché principi permanenti e trascendenti” (Tommaso Palamidessi: Quad. 1 – Tradizione Arcaica e Fondamenti dell’Iniziazione Archeosofica), in perfetta concordanza con le parole di Gesù alla Samaritana quando disse: “[…] sta venendo, ed e adesso, l’ora nella quale i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verita: infatti il Padre cosi vuole i suoi adoratori. Dio e spirito e quelli che adorano debbono adorare in spirito e verità.” (Giovanni 39:42).
È strano come sia facile trovare delle imperfezioni in coloro che sono al nostro fianco, ma come sia invece tanto arduo scoprire quanto c’è di imperfetto in noi.
Vidi il Cristianesimo con occhi di ragazzo e lo giudicai inadatto, imperfetto, classista, ottuso.
Dopo aver sperimentato i metodi pratici di Archeosofica, avviandomi ad una conoscenza più profonda di me stesso, riguardo oggi il Cristianesimo e mi sembra invece di vedere una Sposa a cui manca lo Sposo; penso, ogni giorno sempre di più che la gente del nostro Secolo, così attenta a ciò che vi è di tangibile, alla materialità, o all’esasperato idealismo astratto, ha necessità di una chiave di lettura che era quella dei primi Cristiani, un sapere integrale strutturato per dare risposta alle persone più umili ed a quelle più colte nello stesso tempo, perché sostenuto dall’esperienza.
Quest’esperienza, seppure interiore, è un’esperienza che si può ottenere solo con i metodi considerati “ascetici” e che uomini di ogni tempo e di qualsiasi luogo hanno cercato di insegnare per permettere almeno ai più volenterosi di ottenere un risultato vero e portare così anche loro testimonianza dell’Unica strada che deve essere percorsa, sull’esempio di colui che ha detto: “Io sono la Via, la Vita e la Verità”.
Palamidessi scrive: “Il cerchio è grande, il centro è uno solo, e dal centro la Tradizione Arcaica è arrivata agli uomini e alle donne inclini e maturi per accoglierla attraverso numerosi raggi: Ram, Abraham, Mose, Elia, Pitagora, Ermete Trismegisto, Platone, Socrate, Plotino, Clemente Alessandrino, Origene, e tanti, tanti, molti altri. Poi vi sono le trasmissioni filtrate attraverso i più idonei dell’India, della Grecia, della Cina, della Palestina, dell’Italia, alcuni dei quali sono già stati nominati. Ora, malgrado si siano avuti parecchi intermediari e vie iniziatiche, si tratta in tutti i casi di adattamenti e di centri che risalgono alla stessa fonte” (Tommaso Palamidessi: Quad. 1 – Tradizione Arcaica e Fondamenti dell’Iniziazione Archeosofica).
Una sola è la Via, Uno solo è il Maestro: Cristo.
Quello che scrivevano gli Apostoli è lo stesso di ciò che hanno scritto i Padri della Chiesa, i Monaci del Medioevo, i Fedeli d’Amore dell’Umanesimo, i Mistici del Rinascimento, i Cristiani esoterici del 1800.
Così, Tommaso Palamidessi ha voluto ricordare a quei Cristiani che hanno dimenticato l’entusiasmo e lo slancio di quando erano piccoli, a coloro che leggendo le fiabe dei Cavalieri della Sacra Coppa si infiammavano d’Amore per la ricerca della più Santa delle reliquie Cristiane, che se si combatte, oggi come allora, per cercare il Cristo che dimora nel cuore degli uomini, allora finalmente scopriremo che stiamo tutti parlando la stessa lingua, che vi è davvero un unità di intenti nello Spirito dell’Uomo e della Donna di ogni luogo.
La necessità di tornare alla propria patria celeste: non inteso un senso fiabesco, vi è un’esperienza reale e viva che può infiammare il cuore a tal punto da non poter dormire, non poter mangiare, non poter pensare ad altro che a impiegare ogni secondo possibile per rimanere svegli a guardare la meraviglia della Luce che avvolge ogni cosa e che non fa distinzioni fra Cristiano, Musulmano, Induista o ateo apparente.
Ogni Quaderno di Palamidessi è intento a spiegare il rapporto intimo fra Cristianesimo e Archeosofia, non sta a me dire, a chi li leggerà, di crederci senza un’opportuna ricerca e un’indagine accurata, ma, mi permetto di riprendere un suggerimento dell’Autore che mi colpì profondamente quando lessi i suoi testi:
“Leggete queste pagine, pensatele e ripensatele. Fatele vostre. Proseguite in modo sistematico, energico con la lettura dei quaderni da noi programmati e insistete con gli esercizi. L’arte, la scienza, la mistica e la paramistica (Via degli Adepti) si prendono con la forza, con la tenacia, con il coraggioso allenamento di ogni giorno, con fiducia e speranza. Il lavoro archeosofico è simile all’impresa del fonditore: il suo oro nel crogiuolo diventerà fuso e puro quando avrà portato il metallo al calore della fusione” […] “Ancora una volta vi ripeto: non credete a me, ma ai risultati dell’esperienza. Può darsi che riusciate subito, oppure dopo molti mesi di falliti tentativi. Non scoraggiatevi, continuate gli esperimenti, cercando le cause dell’insuccesso, finché avrete i risultati positivi. Ogni impresa ha le sue difficoltà: chi e saggio e tenace raccoglie la vittoria” (Tommaso Palamidessi – Quad. 2 & Quad. 5).